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Unipomezia shock: Annesi rassegna le dimissioni

UNIPOMEZIA VIRTUS 1938 Promozione ANNESI STEFANO

Una decisione che ha colto tutti di sorpresa. Dopo quattro anni costellati di grandi soddisfazioni sportive, caratterizzati dalla perentoria escalation dal Campionato di Terza Categoria a quello di Promozione, l’Unipomezia Virtus 1938, nei giorni scorsi, ha completato un altro capitolo importante della propria storia calcistica. Il Socio Fondatore, Stefano Annesi, ha rassegnato le dimissioni e ha preferito farsi da parte. Il dirigente rossoblu, facendo leva sulle sue indiscusse qualità manageriali, è stato uno degli artefici principali della consacrazione nel contesto regionale della società pometina, che ha cominciato l’avventura nel panorama calcistico cittadino con una squadra formata in prevalenza da giocatori universitari. Le sue rinomate capacità imprenditoriali, alla resa dei conti, si sono rivelate determinanti per scrivere delle belle pagine dello sport pometino. L’Unipomezia Virtus 1938, in soli quattro anni, i numeri non ammettono repliche, si è trasformata da una piccola realtà alla seconda forza calcistica cittadina e, tra l’altro, guarda al futuro sempre con maggiori ambizioni. “Spinto da una grande passione per lo sport, ho cominciato l’avventura nello staff dirigenziale dell’Unipomezia prendendo spunto da una famosa frase di Sofocle ‘L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo’ – esordisce Stefano Annesi – . Sono felicissimo di aver contribuito ai successi di una piccola realtà pometina, che in quattro anni, grazie a un’oculata programmazione societaria, ha conquistato prepotentemente le luci della ribalta accattivandosi le attenzioni dei media. Ma negli ultimi mesi sono cambiate tante cose, non mi identificavo più in questo nuovo progetto e, di conseguenza, ho deciso di rassegnare le dimissioni”.

La chiave dei successi del sodalizio rossoblu è stata senza ombra di dubbio il gruppo, tutti hanno contribuito al conseguimento di risultati che neanche il più ottimista avrebbe mai pensato di poter ottenere in un solo lustro. 

Le associazioni rendono l’uomo più forte, mettono in risalto le doti migliori delle singole persone e danno la gioia che raramente si ha restando per proprio conto, di vedere quanta gente c’è onesta e brava e capace e per cui vale la pena di volere cose buone – Annesi prosegue citando una famosa frase di Italo Calvino – . Il merito dei successi sportivi, di conseguenza, preferisco dividerlo con tutte le persone che sono ruotate in questi anni nell’orbita della società. Siamo stati bravi a mettere in risalto il ruolo dell’associazionismo sul territorio, inteso come aggregazione e uguaglianza di modi e mezzi, libere persone in un rapporto uguale. Le finalità nell’associazionismo vanno esaltate nella libertà e nell’uguaglianza, il mezzo per raggiungere tali finalità può essere paragonato a un seme. Il fine, quindi la crescita associativa in quei principi, a un albero. E per me, tra mezzo e fine, vi è esattamente lo stesso inviolabile nesso che c’è tra seme e albero”.

L’Unipomezia Virtus 1938, dalla data della sua fondazione a oggi, ha fatto passi da gigante sul territorio pometino.

“Quel seme ormai è cresciuto, siamo andati in soccorso di un’altra realtà del territorio, la più antica e storica come anno di costituzione, integrandola ed ampliandola, ponendo così le basi per far crescere quel seme. Per la strada abbiamo incontrato e coinvolto amici e poi soci, abbiamo insieme fatto notevoli sforzi economici ed organizzativi, abbiamo ottenuto risultati importanti, prima che sportivi, di coinvolgimento ed aggregazione tra i cittadini. Oggi l’Unipomezia Virtus 1938 è un punto di riferimento importante per il territorio, indossa i colori della Città e la rappresenta in moltissimi ambiti sportivi. Questo è il vero motivo di orgoglio. Con lo stesso orgoglio, sottolineo come, tutti i componenti, vecchi e nuovi soci, abbiano contribuito a creare attraverso la loro opera quella che viene definita, a buon titolo dagli addetti ai lavori, una delle società di calcio più quotate e ambiziose della Regione”.

Gli ottimi risultati ottenuti sul campo non potevano mai far pensare a una decisione del genere. Quali sono i reali motivi delle sue dimissioni?

“Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare. Il rischio che si corre oggi è quello di perdere di vista il vero scopo sociale, o almeno quello che il sottoscritto reputa sia conditio essenziale in un’associazione: unità di intenti, uguaglianza di vedute e condivisione delle finalità associative, in poche parole la crescita dei giovani del territorio e il doveroso insegnamento a loro di vivere nella ricerca di quei valori, non solo sportivi, ma etici e morali. Oggi, al contrario, il risultato egoistico, non solo sportivo, è entrato di diritto quale prerogativa essenziale, soverchiando il fine stesso, lo scopo associativo. La tecnica ha sostituito la reciprocità, l’esasperazione del risultato ha inevitabilmente inasprito i contrasti, il macroscopico delirio pantocratico in alcune gestioni ha annullato l’uguaglianza tra i soggetti finendo per allontanare i diversi, apparentemente meno abili, o semplicemente non allineati. Questa fame di competizione ha creato, dalle fasce piccolissime alla prima squadra, discriminazione invece che aggregazione, esasperata competizione, riverberandosi anche nelle categorie inferiori, creando a volte fazioni e gruppi contrapposti all’interno delle stesse compagini, in poche parole la perdita dell’obiettivo al quale mi ero dedicato, la creazione di una famiglia all’interno di una associazione. Oggi posso affermare che non è questo il mezzo, il fine ed il modo che io condivido per il raggiungimento degli obiettivi sociali. Non sono convinto che i risultati, anche sportivi, arrivino attraverso il pagamento di faraonici progetti. La mia convinzione è che viene prima l’appartenenza, vuoi a un territorio, a un progetto, a un diffuso sentimento, a valori condivisi, quello deve essere il punto di partenza. In sostanza oggi la società, così come si è evoluta negli ultimi tre mesi, non rispecchia minimamente il mio modo di intendere lo sport e i valori associazionistici, valori che devono a mio giudizio incardinarsi all’interno di un contesto di umiltà e condivisione. Al contrario una gestione autarchica, indipendente e slegata può solo portare, irrimediabilmente, a divisioni e risultati negativi.

Una metamorfosi del genere come si è verificata in un contesto dirigenziale compatto, competente e professionale.

“Ernesto Che Guevara diceva che ‘l’unico modo di conoscere davvero i problemi è accostarsi a quanti vivono quei problemi e trarre da essi, da quello scambio, le conclusioni”. Per farlo occorre condivisione dei valori con il territorio, ma in primis all’interno, avere il coraggio di calarsi giù da una piattaforma che, oggi, all’interno della società risulta troppo alta, irraggiungibile. Il rischio è che invece di diventare grandi, si appaia piccoli agli occhi di chi lasciamo a terra, e sono la maggior parte, l’Associazione è un veicolo solidale, non può e non deve mai rappresentare un soggetto discriminatorio, o peggio. Per fare un esempio, basti pensare che in passato abbiamo fatto manifestazioni con le principali Fondazioni Umanitarie del Mondo, tra tutte “Save The Children”, che ci ha onorato di accostare il nostro scudetto al loro logo. Oggi registro che quelle iniziative non si ripetono da tempo, hanno lasciato il passo a scelte diverse di carattere squisitamente tecnico, non posso condividere tale impostazione, che, peraltro, non è societaria. Abbiamo un ruolo nella città, non dobbiamo mai dimenticare di svolgerlo. In sostanza l’arbusto che sta crescendo da quel seme non corrisponde alla mia idea di futuro, di quell’albero che possa dare i frutti da me voluti e sperati proprio perché, forse, ci si è troppo innalzati lasciando a terra dei valori importanti, primo tra tutti l’umiltà, l’essere tutti uguali, al di là della tecnica e delle capacità del singolo. Siamo chiamati ad insegnare e trasmettere i valori sportivi, non solo tecnica o tattica, peraltro, appare del tutto evidente, che con questo nuovo modus gestionale ad oggi i risultati, anche sportivi, difettino in tutte le categorie, ripercuotendosi, chiaramente, anche sullo stato patrimoniale della società. Per intenderci, se cambi le regole, imponi le tue e queste risultano oltremodo onerose nell’economia aziendale, devi almeno portare alla società un vantaggio patrimoniale, costituito da titoli e categorie, altrimenti, così non fosse, risulta fallimentare la gestione patrimoniale e te ne devi assumere le responsabilità gestionali, oltre che economiche e patrimoniali, del tuo fallimento. Ma quando il Giudice e l’Imputato sono la stessa persona può pagare solo la Società, e così sta avvenendo. Sono stato sempre convinto che chi va in campo non abbia particolari colpe per i risultati. Anzi, ne ho sempre assunto le difese, la loro unica colpa è di essere assoggettati, ma non posso e non voglio colpevolmente assentire ad episodi di dimissioni di massa o peggio, chiari disegni ed atti, presi da chi aveva la responsabilità gestionale, volontariamente tesi a recare danno, di immagine e patrimoniale, alla società. Chi ne esce sconfitta è la stessa società e chi la rappresenta. Mi domando, a tal proposito, quale insegnamento possano aver tratto le ‘Giovani Leve’ vedendo tali comportamenti, quale esempio ha dato la Direzione ai giovani giocatori e agli istruttori, quale immagine ne è uscita per la società che ha assentito, con il suo silenzio, a tali comportamenti. Chiaro che, visto l’esempio, tutto può essere permesso ai loro occhi. E’ stata, con tutta evidenza, posta in essere una strategia che non può e non deve essere condivisa, per rispetto della società, ma principalmente per rispetto ad imprescindibili principi morali, in questo caso, a mio giudizio, ampliamente valicati. Mi consola che tutte le decisioni prese, nessuna esclusa o eccettuata, siano sempre state unanimemente assentite dall’intero organo societario, salvo poi tornare indietro lasciando in capo al sottoscritto la responsabilità di non condividere apertamente tali atteggiamenti. In un simile contesto, con una visione diametralmente opposta, il rischio che si corre è il degenerarsi dei rapporti tra i singoli soci, proprio per evitare ciò ho espresso da tempo la mia volontà di allontanarmi, non occupandomi più da oltre due mesi della gestione ordinaria societaria. Gli uomini passano, mentre la società resta, era mio dovere manifestare il mio aperto dissenso all’interno del gruppo dirigente, non fosse altro per il rapporto che da sempre lega alcuni di noi”.

Quali saranno i prossimi passi da fare per formalizzare la sua uscita di scena dalla società?

“Aggiungo che il tempo è galantuomo. Ci sono iter e procedure da seguire, l’Associazione si regge, come tutte, su un suo statuto ben preciso e su norme e regolamenti definiti e delineati. Ho già richiesto al presidente Cerusico di attenersi e farsi carico di tali incombenti. Tecnicamente, per Legge, sarà una cessione comprendente la restituzione delle somme da me versate a titolo di conferimento e finanziamento soci in sede di acquisizione della Virtus Pomezia e risultanti da bilancio. Non terrò per me tale somma, essa era dedicata al territorio e per rispetto alla Città tale resterà. Ma indicherò di devolverla per mio conto a un’altra associazione del territorio che ho personalmente individuato nella Casa Famiglia Chiara e Francesco Onlus. Sicuramente ne farà l’uso a cui io l’avevo diretto. La Casa Famiglia rispetta appieno il mio concetto ideale, un antico proverbio africano recita “per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, niente di più vero, di più assoluto, di più sinceramente completo, contribuirò così a portare semi in quel villaggio…”.

Sarà una separazione consensuale?

“Solleciterò la convocazione dell’Assemblea, spero che si faccia per tempo entro Natale, sono certo che anche gli altri soci vorranno contribuire almeno favorendo questa accelerazione nella tempistica. Sarebbe bellissimo regalare ai piccoli ospiti della Casa Famiglia qualcosa di tangibile in un momento di festa così cara e significativa, in special modo parlando di un contesto così importante. Per altro tutte le nostre riunioni societarie iniziavano con la frase: “niente di personale”, quindi sono certo che gli altri soci, conoscendoli, apprezzeranno la mia scelta e la condivideranno. Il tutto potrebbe poi materializzarsi in un appuntamento calcistico di beneficenza sotto il periodo Natalizio, sempre che, mi si passi la battuta, la gestione tecnica voglia concedere questa possibilità alla società, non si sa mai. Ci sono delle difficoltà statutarie da superare, per citarne una in particolare nell’articolo 9, che impone una precisa tempistica temporale quale termine ultimo annuo per variare la compagine sociale, quel termine a oggi è scaduto, cercheremo di superare l’ostacolo. Fino ad allora porrò in essere le mie prerogative con occhio terzo, se mi verrà chiesto parere lo esporrò in un contesto democratico di scambio di vedute, altrimenti farò da osservatore, nella società la linea attuale tecnica e gestionale, che io sappia, è condivisa, almeno per il momento, dalla maggioranza degli altri soci, proprio per non contrastarli dall’interno che ho deciso di porre fine al connubio, quindi in attesa dell’Assemblea sarò un socio vigile osservatore, lasciando a loro la gestione ordinaria della società. Anche se oramai la decisione appare irrevocabile e le distanze concettuali e gestionali sono notevoli, l’Unipomezia Virtus 1938 resta nel mio cuore, almeno quella che riconosco mia, ho passato momenti indimenticabili e farò sempre sentire il mio apporto. La società è in mani solide e capaci, ha una compagine societaria ineccepibile e accurata, sono certo che sapranno superare questi difficili momenti ritrovando quello spirito di unità ed umiltà che occorre, riconducendo la gestione sotto il diretto controllo societario. Tornerò sulle tribune ora anche da semplice tifoso, magari potrò aiutarla nella redazione dei suoi articoli”.

Antonio Gravante

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